mercoledì 16 aprile 2014

LA VERITA’, COS’E’ LA VERITA’

Ho trovato on line questa pagina
è inerente gli argomenti che stiamo trattando
per questa ragione ve la pubblico qui.
Buona lettura

Aldo Vincent
I miei libri li trovate su Amazon.it

http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=aldo%20vincent





LA VERITA’, COS’E’ LA VERITA’

Giunti a questo punto occorre una riflessione su ciò che è vero, su cosa appare vero, su cosa crediamo vero. Apparentemente la definizione pare semplice: una affermazione può dirsi vera se si riferisce a ciò che realmente esiste. Questa concezione della verità viene definita "teoria della corrispondenza", e coincide sostanzialmente con l'idea della verità che viene espressa dal comune sentire. Si possono distinguere affermazioni vere o false secondo alcuni criteri di base:
1- Il consenso di una comunità che stabilisce (spontaneamente o forzatamente) cosa all’interno della propria collettività si debba ritenere vero o falso.
2- L’utilità pratica di un concetto ritenuto vero se presenta soluzioni efficaci.
3- La coerenza con altri elementi ritenuti veri che costituiscono un sistema di affermazioni.
4- Plausibilità dell’enunciato attraverso osservazioni o testimonianze qualificate.

Si potrebbe obiettare che per esempio al punto 1-, se in un sistema chiuso e praticamente inaccessibile (per esempio Cuba) il colore bianco, per ragioni ambientali storiche o chimiche virasse fino a diventare un grigiastro indefinito e le autorità locali comunicassero al popolo che in nome della rivoluzione, della tradizione e della memoria questo colore indefinito si continuerà a chiamare bianco, essendo il popolo stato informato, non si tratterebbe di una menzogna, però agli occhi degli Americani o di chiunque altro fuori da detto sistema, l’affermazione risulterebbe menzognera, perché mancante – per loro – dei punti 3 e 4 dei criteri con il quale abbiamo definito la verità.
Anche l’utilità pratica del punto 2- può essere messa in dubbio in quanto non è detto che altrettante menzogne non siano, all’atto pratico, vantaggiose e si potrebbe obiettare che l’evidenza del punto 4 potrebbe anche essere frutto d’inganni.
Nella filosofia contemporanea si sta facendo strada una teoria secondo la quale i concetti assoluti come libertà, verità e consimili, vadano collocati nel campo che sta tra l’immaginazione e il non attuato. Emanuele Severino, in una sua recente conferenza, in questo campo ci metteva pure il concetto di Pace…
Nell'era di Google potremmo dire che la verità è tutto ciò che cliccano gli altri facendo emergere le pagine più “vere” alle prime posizioni dei motori di ricerca. Le prime posizioni faranno in modo che queste stesse pagine ritenute più veritiere delle altre si mantengano tra le più cliccate. La verità, di conseguenza, è CERTAMENTE quello che credono gli altri, cioè la più linkcata.
Tutti sogniamo un mondo in cui ognuno è sincero e fiducioso nei confronti dell'altro e viene a sua volta ripagato con pari sincerità. Ma un mondo senza menzogna sarebbe migliore?
Potremmo sopravvivere senza mentire?
Se tutti dicessero sempre la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità ci sarebbe ancora una differenza, per esempio, tra buona educazione ed ipocrisia?
In questo mondo, la menzogna e l'inganno convivono con la sincerità e la correttezza.
Appare dunque difficile catalogare verità e menzogne nei processi, nell’arte, nella propaganda, e soprattutto nella comunicazione.


"Siamo bugiardi per indole, è indispensabile"
"Mentiamo due volte al giorno"
I bambini e le coppie lo fanno ancora più spesso”
Sono i risultati di trent'anni di lavoro sulle menzogne, riassunti in un libro apparso in Francia dal titolo "Psychologie du menteur" (Psicologia del mentitore) della psicologa sociale Claudine Biland: “Per educazione, per interesse, per paura, i motivi si moltiplicano ma il risultato è sempre quello: tutti quanti raccontiamo almeno due bugie al giorno. Detto in altri termini, passiamo un quarto della vita sociale a mentire... è una pratica che s'impara molto presto”
Se verso i tre anni il 62% dei bambini ha imparato a negare di aver trasgredito un divieto, a 5 anni la percentuale raggiunge il 100%. "Sebbene i genitori non smettano di ripetere ai loro bambini che è 'brutto' mentire, fanno loro gli occhiacci perché non ripetano alla vicina che non sopportano il suo cane, le convenienze sono piene di bugie".
Durante l'adolescenza, agli inizi di una delle prime delicate storie d'amore, secondo l'autrice, due persone si mentono reciprocamente una volta ogni dieci minuti. Sino ad arrivare alle coppie collaudate dove le bugie molte volte sono “per omissione” cioè verità non raccontate o dette in modo adulterato, con qualche differenza. Per esempio le donne dicono bugie altruiste, tipo oh com'è bello il tuo vestito! Mentre gli uomini usano bugie “egoiste” tipo oggi ho lavorato come un asino...
Secondo la psicologa poi, sul posto di lavoro tutti non fanno altro che raccontarsi frottole soprattutto per il rispetto delle gerarchie. Luc Loquen, giurista in diritto sociale e autore del libro "Le menzogne nel mondo dell'impresa” asserisce che: "la bugia si è generalizzata e si è insinuata negli ingranaggi dell'impresa". Tuttavia, spiega Claudine Biland, mentire è normale e fa parte dei rapporti sociali. "Più ci sono relazioni umane, più ci sono bugie. Mentire è una valvola, un regolatore, una protezione... uno strumento di comunicazione come un altro".


Notizie da internet.

Se vai su www.truster.com , ti troverai davanti all’invenzione del secolo: grazie ad una scheda audio potrai filtrare le telefonate in arrivo e riconoscere immediatamente le bugie.
Cari, dolci, ingenui americani! Oppure, imbroglioni grandi figli di .... Dopo la bomba atomica infatti ecco l’arma più micidiale mai inventata dall’Uomo. E da oggi, basta false promesse dei politici, basta giuramenti d’amore, basta tornare a casa e dirgli che sei stata da un’amica per il the… Crollera’ finalmente questo Impero del Male e torneremo finalmente liberi dalle bugie, nelle nostre caverne… oppure no?





La Menzogna

Credo che Nietzsche sia il pensatore che più ha demitizzato e dissacrato i sistemi metafisici, morali e religiosi che l'uomo si è costruito per resistere alla paura della vita arrivando ad affermare che i valori comunemente accettati dalla società contemporanea sono basati su menzogne: Nel suo “ Nascita della tragedia” (1872), unisce le due tendenze dell'Arte quella apollinea (Apollo e la bellezza, le arti plastiche, la preveggenza, e il distacco con cui uccide le sue vittime con l'arco) e dionisiaca (Dioniso l'oscuro, l'irrazionale, il ritmo e la musica, la danza, l'orgia con cui si unisce alle sue vittime) e le fa confluire nella commedia e la tragedia dove la rappresentazione, l'evocazione della realtà fanno della menzogna la parte più consistente della cultura.

Nella visione di Nietzsche, la tragedia nasce dallo spirito della musica. Il coro infatti, narra dell'esistenza di un dio (Dionisio) la cui ebbrezza si oppone all'autocoscienza e alla ragione di un altro dio (Apollo). Uno e' il dio delle belle forme, dell'armonia, della semplicità e dell'autocoscienza, ma esso può essere tale solo nel confronto con lo spirito orgiastico di Dioniso, di modo che la bellezza delle forme classiche e' la reazione alla virilità e della vitalità del dionisiaco. “
(La Gaia scienza, n.125).
Bene, dopo aver analizzato (purtroppo superficialmente) il concetto di verità e menzogna, veniamo a quella sezione grigia che sta fra le due cose:



LE STRONZATE

Successe durante la campagna elettorale per le politiche del 2006 quando Silvio Berlusconi definì “stronzate” gli argomenti del suo avversario Prodi (che poi vinse le elezioni).
Molti dizionari non riportano la parola in questione ma si avvicinano molto con la definizione di SCIOCCHEZZA:“Azione o parola fatta o detta senza riflettere, cosa da nulla.” Invece a parer mio la stronzata va molto più in là della cosa da nulla.
Quando Harry G. Frankfurt pubblicò in Italia il suo saggio che venne tradotto da Rizzoli col titolo STRONZATE, pure Umberto Eco ci fece una bustina ed io, nel mio piccolo, ci ricamai sopra una lezione per il mio corso sulla comunicazione che tenevo a Cuba.
Io lo tradussi in spagnolo come Boludeza, Estupideza, Pendejera, ma pure loro usano "Hablar de mierda" nelle espressioni più popolane, rifacendosi scatologicamente pure all'Inglese Bullshit che tradotto letteralmente vuol dire cacca di toro.
Comunemente si dice contro qualcosa che viene affermato e che alle nostre orecchie suona come assurda. Max Black in un suo trattato di filosofia, aveva definito la stronzata come "sciocchezza in quanto falsa rappresentazione della realtà o del proprio pensiero - pur senza arrivare alla menzogna - messa in atto con parole o attitudini pretestuose”. Ma in che modo una stronzata è più forte di una sciocchezza, e secondo: cosa significa fornire una falsa rappresentazione senza mentire?
Intanto occorre definire la menzogna: chi mente sa di non dire il vero e lo dice per ingannare. Se uno dice il falso senza saperlo, invece si sbaglia o è un folle.
‘’Si tratta dunque, primo, di definire in che senso una stronzata sia cosa più forte di una sciocchezza e, secondo, che cosa significhi fornire una falsa rappresentazione di qualcosa senza mentire. Quello che caratterizza la stronzata rispetto alla sciocchezza è che essa è una affermazione certamente errata, pronunciata per far credere qualcosa di noi, ma chi parla non si preoccupa affatto di sapere se dice il vero o il falso’’ (Eco)
Quando il Vaticano dice che gli Africani non devono usare i preservativi perché da quelle parti sono di cattiva qualità, saremmo portati a pensare che stia dicendo una menzogna, però poiché sappiamo tutti che i sacerdoti sono casti e non conoscono tecnicamente come si usa un preservativo (hi) dovremmo semplicemente pensare che stiano dicendo una stronzata per fornire (parole del filosofo Black) una falsa interpretazione non solo della realtà esterna ma anche dei propri pensieri, sentimenti e atteggiamenti.
Questo accade anche a Berlusconi che quando dice di essere il miglior presidente degli ultimi 150 anni o il più perseguitato dalla Giustizia della Storia, non lo fa solo per farci credere che realmente sia così, ma lo dice pure per convincerci che lui crede davvero che sia così! E Frankfurt lo chiarisce perfettamente: questo tipo di stronzata a differenza della menzogna, ha il fine primario non quello di fornire una falsa indicazione sullo stato della realtà (altrimenti sarebbe menzogna) ma di fornirci la falsa impressione che quello che sta dicendo passa veramente per la mente del Cavaliere..
Capite l'arcano?
È qui che l'opposizione sbatte continuamente il naso contro il muro di gomma della distorsione della realtà. Quando si trova davanti ad asserzioni che non sono menzogne ma semplicemente stronzate, attaccano tutti a testa bassa spostando il baricentro delle questioni essenziali, ritrovandosi poi a disquisire alle stronzate con altre stronzate.
Perché - continua Frankfurt - chi ha detto la stronzata iniziale, ha fatto certamente un'affermazione errata senza preoccuparsi di sapere se dice il vero o il falso:
"Quello che di sé ci nasconde chi racconta stronzate. è che i valori di verità delle sue asserzioni non sono al centro del suo interesse."
Continua Frankfurt: "I campi della pubblicità e delle pubbliche relazioni e quello, oggi strettamente correlato, della politica, sono pieni di stronzate così assolute da essere diventati ormai indiscussi paradigmi del concetto". Il fine della stronzata non è neppure quello di ingannare su degli stati di cose, è quello di fare colpo su uditori dalle scarse capacità di distinguere il vero dal falso, o approfittare del fatto che essi siano disinteressati a queste sfumature.
‘’Chi pronuncia stronzate confida soprattutto nella debole memoria del suo uditorio, il che gli consente anche di dire stronzate a catena che si contraddicono tra loro.’’ (Black)
Chi ha dimenticato il ministro dell'informazione Al Sahaf, che mentre i soldati iracheni fuggivano in mutande, mentre la bandiera USA sventolava sui palazzi di Saddam, intratteneva i giornalisti negando l’evidenza? Credo sia l’esempio più classico di un relatore di stronzate posto come terminale di un ufficio elaboratore al servizio del regime.
"Il produttore di stronzate. cerca sempre, in un modo o nell'altro, di passarla liscia".
Ecco perché non me la sento di condannare Berlusconi quando asserì che il suo rivale in campagna elettorale diceva stronzate, perché alla luce del secondo governo Prodi che seguì quella competizione elettorale, parrebbe proprio che lo fossero. Allo stesso modo però, quando Egli incita alla rivolta fiscale, o dice che porterà in piazza cinque milioni di manifestanti, sta dicendo altrettante stronzate. E stronzate sono anche le azioni di quei ministri che si scandalizzano di cotante stronzate e convocano un consiglio dei ministri! (sic) per stigmatizzare le stronzate di Berlusconi.
E Visco che dichiarava: “Se vogliono le mie dimissioni, me lo devono dire” non è forse nel suo genere una stronzata? O forse il viceministro era diventato improvvisamente sordo?

MAESTRO:
la verità non esiste, esistono punti di vista
davanti a qualsiasi verità, dubitate
dubitate sempre
dubitate fortemente…”

DISCEPOLO:
Maestro, ma se dici che dobbiamo sempre dubitare, allora dobbiamo dubitare anche quando dici che dobbiamo sempre dubitare?

MAESTRO:
La risposta è sì…”




UN PARADISO DI BUGIE
Era il titolo di una commedia di discreto successo, per la regia di Stefania Casini.
Ricordo anche una canzone dei tempi dia mia madre: la vita e’ un paradiso di bugie, quelle tue e quelle mie…
Anche al cinema, SESSO BUGIE E VIDEOTAPE si guadagno' ben 5 nomination mentre SEGRETI E BUGIE prese una Palma d'Oro e premio come miglior attrice a Brenda Blethyn .
Altri film di successo, anche se non hanno le bugie nel titolo, hanno impostato la campagna promozionale sugli effetti speciali, come il Titanic, Matrix , Godzilla, il quarto elemento di Besson e altri con alieni, spiritelli o mostricciattoli del Signore degli Anelli o Harry Potter e li' tutti a stupirrci o spaventarci eppoi un bello special di due ore per farci vedere come hanno costruito i trucchi, cioe' le bugie.

Il Department of French & Italian Studies dell'University of Melbourne ha organizzato un seminario che aveva per tema: "Sesso, Bugie e Politica? Lo Stato dell'Italia contemporanea"
Durante i vari convegni gli argomenti piu' dibattuti sono stati:
Sono davvero cambiate le cose in Italia?
Puo' essere eliminata la corruzione?
Cosa puo' imparare l'Australia dall'esperienza italiana?

Non manca la letteratura.
Se in passato la bugia serpeggiava qua e la', dalle bugie di Odisseo che facevano sorridere Athena, all'"Arte della menzogna in politica" di Jonathan Swift o alla meno celebre "Della dissimulazione onesta" di Accetto o alla "Decadenza della menzogna" di O.Wilde, oggi torna di prepotenza l'argomento con "La cicatrice di Montaigne" di Lavagetto, "I bugiardi" di Almansi, "Perche' diciamo le bugie" della Schelotto, fino all'ultimo lavoro di due ricercatori serissimi quali Cristiano Castelfranchi e Isabella Poggi, che sono rispettivamente psicologo e linguista che hanno fondato presso il CNR una "Banca delle bugie" e hanno pubblicato "BUGIE FINZIONI SOTTERFUGI" fondando una nuova scienza: l'Ingannologia, con le sue belle categorie.

Innanzi tutto chi mente?
Mentono i buoni ed i cattivi, i bambini, gli adulti, i maschi, le femmine e quelli un po' cosi', i deboli ai potenti ed i potenti al popolo, gli amici agli amici per amicizia, i nemici tra di loro, qualcuno mente perche' lo vuole, altri coi lapsus. (Hanno lasciato fuori qualcuno? Mi sembra proprio di no) Ma senza voler approfondire questo argomento che invece merita molta attenzione, vorrei solo richiamare la vostra attenzione al COME la bugia abbia occupato con autorita' un posto centrale nella societa' odierna.
Basta scorrere i giornali di ieri e di oggi, con il caso Ustica, Clinton e Monica, Berlusconi Ruby o la Daddario, Blair e la guerra, e Obama al popolo, il popolo alla Guardia di Finanza, la Guardia di Finanza ai Giudici, i Giudici ai politici , i politici ai giornalisti, e cosi' via.
Ma pure la televisione con le sue trasmissioni dove non si distingue piu' il falso dal vero, presentatori vestiti da Capitan Findus che tra un cartone animato e l'altro mangiano merendine che poi appaiono in spot fatti coi cartoni animati finche' un cartone animato esce dal suo mondo disegnato ed entra in una vera cucina ad aprire il frigorifero per prendere i sofficini da portare a Capitan Findus con una grande confusione mentale dei nostri figli che cominciano a credere che la felicita' sia comprare lo zainetto della Barbie o che si trovi dentro la Playstation
E cos'altro e' questa pubblicità se non bugie e bugie che vanno ad interrompere film che altro non sono che un'altra magnifica illusione? E dove andare a prendere i parametri, da dove attingere gli esempi se neppure nella vita reale si puo' piu' distinguere tra il bene e il male?

Prendete Tangentopoli.
Cusani, era il buono o il cattivo?
Un uomo che intrallazza coi suoi compari, ma una volta scoperto affronta Di Pietro a viso aperto, perde e rimane uno dei pochi personaggi di Tangentopoli in galera, esce e aiuta i detenuti. Si può considerare, a suo modo onesto? Chi lo sa.
E quel Greganti che invece non "collabora" con la giustizia e da' l'impressione di proteggere i suoi compagni di merende, facendola franca, e' meglio o peggio? Abbiamo perso ogni punto di riferimento e allora, cosa dovremo insegnare ai nostri figli?
A dire tutta la verità fino alle estreme conseguenze, o a tacerla fino all'omertà?
°


Un articolo di Baricco su Repubblica del febbraio 2009: “Basta soldi pubblici al teatro, meglio puntare su scuola e tv” per qualche giorno sembrò squassare le sacre mura della Cultura italiana, ma dopo un paio di repliche sui quotidiani italiani la cosa, come sempre succede in Italia, si spense senza altri gemiti, e tutti si guardarono bene dal riprendere l'argomento. Eppure Baricco aveva messo il dito su una delle piaghe dell'italico sapere: le sovvenzioni pubbliche alla cultura e i fiumi di denaro che si riversano a pioggia sui teatri stabili, convegni, mostre, fondazioni, associazioni, festival, rassegne, premi,cinema, stampa e altre cose.
L'incrocio tra il denaro pubblico e la diffusione del sapere non è cosa recente, viene dalla Rivoluzione Francese e prima dal Mecenatismo, il punto in discussione è se siano ancora validi i criteri ottocenteschi per cui i depositari della cultura sono un ristretto numero di appartenenti ad una elite (l'Accademia dei Lincei, per esempio) dove maestri del sapere cooptati da altri maestri del sapere si incontrano periodicamente per discutere le cose che secondo il loro illuminato pensiero diventeranno cultura. O se invece le nuove generazioni assetate di cultura non siano in grado, grazie all'avvento di nuove tecnologie che ampliano la possibilità di attingere la conoscenza, di arraffare quanta più cultura trovano in modo caotico sul loro cammino facendo nascere il problema del coordinamento delle loro cognizioni, non del reperimento. Nasce una prima domanda: questo espandersi del sapere in tutte le direzioni attraverso ceti e generazioni, è merito delle sovvenzioni governative alla cultura? La risposta è senza dubbio NO. Il merito è di alcune concause tra le quali individuiamo Internet, un maggiore benessere diffuso, l'espansione dei mercati globalizzati e la facilità d'accesso. Perché una cosa è per esempio vestirsi per andare in biblioteca, compilare l'apposito modulo, mettersi in fila e sperare che nessuno stia leggendo il libro che cercate. Altrimenti dovrete prenotarlo e rifare tutta la trafila. Infatti lì, su quegli scaffali fatti di atomi e materia, ci sono libri che sono altrettanti atomi e se un libro lo sta leggendo qualcuno non lo può leggere qualcun altro. Altro è invece alzarsi dal letto e in mutande, mentre aspettate il caffè, digitate l'indirizzo della biblioteca e fate download del libro che vi interessa, il quale, essendo composto di elettroni e di fotoni ed essendo collocato in un ambiente virtuale, cioè un campo che materialmente non esiste, può essere scaricato contemporaneamente da migliaia o milioni di utenti. A questa velocità di reperimento corrisponde come conseguenza un'altrettanta velocità di consultazione, scompaiono vecchi studiosi seduti ai tavoli delle biblioteche che passano i loro pomeriggi prendendo appunti mentre il cyberspazio si riempie di questi nuovi curiosi che per diletto surfing da un argomento all'altro (abbiamo impropriamente tradotto dall'inglese surfing come “navigare” che non rende esattamente l'idea della velocità con cui i cybernauti passano da un argomento all'altro rimanendo in equilibrio dato proprio dalla velocità con cui si muovono). Non è più necessario “approfondire” un argomento come il calarsi nella profondità di un noioso cratere per scoprire nozioni sempre più profonde e ristrette, ora l'informazione e di conseguenza la cultura si fa velocemente in modo orizzontale: navigando (surfing) affinché da questa attività si tragga gioioso divertimento e per farlo queste nuove generazioni hanno bisogno di aggiornamenti tecnici, informazioni, supporti, nuove nozioni, contatti, manuali d'istruzioni, cataloghi e convegni. Ora in che modo possiamo rendere compatibili queste esigenze con quelle di un'elite che si fa finanziare dallo Stato un'opera minore di Donizetti che vedranno qualche centinaio di persone a replica? Attenzione, perchè qui il terreno si fa scivoloso: noi siamo prodotti di cultura e la cultura è anche la memoria collettiva che viene riproposta di generazione in generazione. Il nostro Teatro per esempio, non solo ripropone autori che hanno scritto parole sublimi, ma anche la rappresentazione di atmosfere, epoche, situazioni che in altro modo non potremmo immaginare. Oserei dire che il luogo comune che definisce “Secoli bui” il periodo del primo Medio Evo, non lo fa certo per la mancanza di libri o di cultura, ma perchè con la caduta dell'Impero Romano (un poco prima per la verità) era scomparso il teatro e le rappresentazioni. Perché l'immaginario collettivo per mantenere la memoria dell'Impero Romano, ricorse molto più al Giulio Cesare di Shakespeare che al De Bello Gallico. Quindi uno sforzo della comunità per mantenere la memoria di questi autori ( e di altro, sto solo facendo un esempio) e garantirne la messa in scena è doveroso.
Ma anche qui occorre guardare le cose con gli occhi delle nuove tecnologie. Il cinema lo sta facendo e il binomio cinepresa-computer sta dando risultati straordinari. La televisione pare si stia accorgendo solo da poco e quasi casualmente dalla lezione del McLuhan. Poiché è un mezzo caldissimo, quasi ipnotico, per riuscire a coinvolgere il pubblico, deve ricorrere alla ripetitività ( un tizio che affacciasse tutti i giorni in video e facesse la pernacchia per un mese, diventerebbe famoso) oppure all'incompiuto, far vedere cioè le prove tecniche di un concerto stimola la partecipazione più del concerto stesso, i dietro le quinte della prova generale di un'opera teatrale vale più della rappresentazione dell'Opera stessa, fuorchè la prima, poiché la presenta della televisione nel foyer del teatro è essa stessa l'avvenimento. Gli attuali programmi di successo, tipo Amici, Ballando, Accademia e simili, rispondono esattamente alle indicazioni dello studioso canadese. Meno le riprese teatrali di commedie e opere perchè – sempre McLuhan dixit – ogni espressione artistica è concepita per il suo mezzo e una commedia a teatro va vista a teatro e trasporla in televisione è noiosa per molti motivi tecnici di ripresa e per l'angustia del mezzo. In teatro con un solo colpo d'occhio si vede tutta la scena mentre in televisione per ottenere lo stesso effetto c'è bisogno dei controcampi. Ricordo un lavoro pregevole di Ronconi con Mariangela Melato che interpretava Medea, gridando! Ed era stato concepito così quel lavoro per migliaia di spettatori seduti nel teatro greco, e andava bene così per gli attori senza microfono. Ma la Melato, con quel primissimo piano che occupava più dello schermo, cosa gridava a fare? Se avesse sussurrato, avrebbe ottenuto un capolavoro televisivo.
La trasposizione del cinema in televisione pone gli stessi problemi. Chi non ricorda Cleopatra che nello splendore dei 35 millimetri quasi porta al fallimento la Major americana che aveva finanziato il film e per risparmiare i costi aveva trasferito le riprese a Roma? Chi non ricorda il suo ingresso trionfante nella Capitale mentre 10.000 comparse recitano l'entusiasmo dell'antica Urbe? Bene, ognuno di quei figuranti, prese una paga, indossò un costume, andò al trucco, ricevette istruzioni per i movimenti dagli aiuto registi.
Ora guardate la scena in televisione o guardatevi lo spezzone attraverso Youtube: la folla è un insieme di puntini indistinguibili e insignificanti. Oggi, questi problemi sono risolti dal computer che moltiplica all'infinito figure vere o virtuali per le grandi masse nelle scene di guerra, ma pure il computer costa, e l'unica soluzione sono le inquadrature che per la televisione bastano con la ripresa di gruppetti di cinque/dieci figuranti e tanti primi piani dei protagonisti, perché la televisione è povera di dettagli, è come i fumetti, e il pubblico riempie da sé quello che manca.
Perché questo lungo discorso? Perché facendo la tara alla provocazione e al personaggio che in fondo ha sprecato forse più di altri intellettuali risorse e soldi pubblici, occorre riconoscere che alcuni criteri di come si spendono i nostri soldi per la Cultura, qualunque cosa voglia dire, è , vanno rivisti. E parte dei soldi che oggi si sprecano vanno dirottati verso lo studio dei linguaggi.

°

La reputazione, la reputazione. Ho perduto la mia reputazione!
Ho perduto, signore, la parte immortale di me stesso e cio’ che rimane e’ la bestia!
La mia reputazione, Jago. La mia reputazione! “
Jago: “Com’e’ vero che sono un onest’uomo, ho pensato che tu avessi ricevuto una ferita al corpo. C’e’ molta piu’ sofferenza in cio’ che non nella reputazione. La reputazione e’ un pregiudizio, una falsa imposizione. Che ottieni senza merito e la perdi senza colpa.Tu non hai perduto nessuna reputazione se tu stesso non reputi d’averla perduta!…”

Adesso dimmelo tu, dov’e’ la differenza tra l’averla letta seduta sulla poltrona del tuo salotto ed averla vista recitata da Orson Welles al cinema?. Dimmi tu dov’e’ la differenza, se c’e’ una differenza, tra due libri della BUR con tutto il teatro di Shakespeare e ricordarsi il monologo di Marlon Brando nel Giulio Cesare, lo storpio Enrico quarto di Laurence Olivier a colori, Romeo e Giulietta di Zeffirelli, l’Amleto di Mel Gibson, La bisbetica domata di Burton e Liz Taylor, Il Machbet di Polansky?
Per carita’, con questo non voglio disconoscere la superiorita’ della parola, anche scritta: “In principio era il Verbo” e non si discute, ma perche’ fermarsi, per esempio al fatto che il Medio Evo fossero secoli bui quando e’ risaputo che le biblioteche sono piene di manoscritti ed incunaboli e libri sul e del Medio Evo?
Io mi sono costruito un’opinione personale e non c’è momento migliore di questo per dirtela.
L’invasione della Grecia da parte dei Romani fu anche la causa della decadenza del Teatro, luogo sacro, dove il popolo si recava anche per pensare e riflettere, sostituito dai giochi del Circo dove al popolo bastava dare “Panem et circense” per lasciarlo tranquillo. Il Teatro venne distrutto alla radice e sopravvisse solo come pretesto per pochi, di feste, orge, rappresentazioni apologetiche. Soltanto le famiglie sul carro di Tespi, con la Commedia dell’Arte riuscirono a rinverdire i fasti del Teatro. Ma tra la caduta dell’impero Romano e la Commedia dell’Arte ecco che c’e’ il niente.
Manca la trasformazione del testo in rappresentazione.
Ti chiederai, ma cos’è questo bisogno del Mito, del racconto, della rappresentazione che ha spinto l’umanità verso il Teatro?
E’ semplice: nel Teatro, viene riproposta la vita come rappresentazione, e tutti sapendo di assitere ad un falso, vanno a vedere fino a che punto l’imitazione sia così perfetta da toccare la vita vera. Ma allora, continuerai a chiederti, se c’è già la vita – che è vera – perchè andare a vedere il falso? La risposta è di una verità disarmante: perchè la vita in Teatro ha un senso. Quella vera, ahimè, no.
Ma sto divagando. Stavamo parlando della rappresentazione che dopo la caduta dell’Impero Romano e’ solamente la lettura dei libri durante il convivio dei frati emanuensi, con le varie elaborazioni, coi canti, con la lettura a piu’ voci.
Ma per la cultura popolare, la mancanza della rappresentazione, conduce inevitabilmente all’ignoranza del testo. Da qui, probabilmente, l’opinione diffusa che il Medio Evo sia costituito da secoli bui e invece era solo senza Teatro....

Forse oggi, e' la funzione che ha assunto il cinema dove la decima Musa, moderna riesplorazione di massa e rappresentazione del testo, riprende la funzione antica del Teatro, quella di far rivivere la parola, e forse andrebbe considerato il mezzo di trasformazione della parola trasparente, proiettata, rappresentata su un telone, che poi ritorna con tutta la sua emozione a riprendere la sua funzione anche nei circuiti elettronici di Internet.
Secondo il Mc Luhan ogni nuovo mezzo di comunicazione di massa, per crescere ha bisogno di fagocitare il mezzo precedente. Cosi', per capirci, le automobili agli inizi somigliavano ai carri coi cavalli e gli aeroplani sembravano automobili. Quindi il cinema si nutri' dei testi del teatro e la televisione si nutr di cinema.
Di cosa si nutrira' Internet per crescere?
Qualcuno dice che con l'avvento della Rete cominciano a calare gli ascolti televisivi, ma io credo invece che sara' ancora il libro a nutrire la Rete. E la scrittura.
La scrittura si, che perdera' il suo supporto per eccellenza, la carta, per ripresentarsi in tutte le sue forme con altri supporti. Se prima la scrittura era fatta di atomi che si plasmavano su un'altra massa di atomi, cioe' il libro e tutta la comunicazione avveniva comprando vendendo o noleggiando atomi con la lentezza che questo supporto comporta, adesso si compreranno, venderanno o noleggeranno ioni, con la velocita' della luce. E se prima si doveva andare in biblioteca ad aspettare che qualcuno avesse finito con il noleggio degli atomi a cui aveva diritto, adesso nello stesso momento milioni di persone possono leggere contemporaneamente un testo trasportato dagli ioni.
Perche' cogli ioni eravamo e cogli ioni siamo rimasti.



P.S.
Diffida da quelli che prima ti citano il McLuhan e poi ti insultano.

°


martedì 15 aprile 2014

LA GUERRA 2

LA GUERRA LA VINCE CHI LA RACCONTA MEGLIO?

Un esempio di connubio tra guerra e mezzi d'informazione si ebbe con il banchiere Henry Dunant che nel 1859 trovandosi in Lombardia per ragioni d'affari venne coinvolto nella battaglia di Solferino e ne ebbe un'impressione così sconvolgente da scrivere un libro che sarà l'origine di un movimento d'opinione che sfocerà con la fondazione della Croce Rossa a Ginevra. L'informazione di guerra prese una imprevedibile accelerazione quando Florence Nightingale organizzò un ospedale militare durante la guerra di Crimea (1854) e le sue corrispondenze spedite giornalmente a Londra e pubblicate dalla stampa inglese impressionarono talmente il pubblico da costringere il governo ad una riforma sanitaria. Ma il più grande impatto sul pubblico lo ottenne William Howard Russell con la descrizione, sempre col telegrafo, delle condizioni in cui combatteva il soldato britannico. Descrisse la battaglia di Balaclava coi soldati e i cavalli che morivano di fame e d'abbandono suscitando una violenta reazione alla guerra da parte del pubblico. Il telegrafo, che era stato inventato per far arrivare in orario i treni, ebbe una prima accelerazione delle sue applicazioni dovuta al fatto che la pioggia danneggiasse i cavi elettrici interrati e quindi ogni capostazione collegandosi con la Stazione Centrale comunicava le condizioni del tempo, formando una rete d'informazioni che venne sfruttata dai quotidiani, che allora pubblicavano solamente i bollettini di Borsa e qualche commento politico con l'agenda dei lavori del governo.
Questo nuovo interesse fece aumentare le tirature e di conseguenza le tariffe delle inserzioni pubblicitarie. Con le tirature aumentarono pure le notizie che non era più necessario andare a scovare, ma arrivavano da sole dalla periferia, con il telegrafo. Al direttore del giornale, bastava selezionare il materiale secondo "l'interesse umano" cioè la sua visione di ciò che poteva essere pubblicato e di ciò che non andava nella direzione editoriale. Con le corrispondenze di guerra si scoperse che questo artificiale "interesse umano" era invece la potenzialità del coinvolgimento immediato del pubblico con la notizia. L'"interesse umano" si mostrò per quello che in realtà era. Era nata l'opinione pubblica.
Fu un pubblicista, Edward Bernays, americano di origine austriaca e nipote di Freud, che intuì alcune proprietà dell'opinione pubblica, e cioè che la "mente collettiva" non reagiva alla parola, o almeno non reagiva come ogni individuo attraverso il pensiero e il linguaggio, ma lo faceva con l'immagine che la parola evocava con reazioni che potevano farsi risalire all'istinto, alle abitudini, al conformismo. Nacque così la sua idea di "fabbrica del consenso" che mise in pratica durante la Prima Guerra Mondiale, i cui risultati pubblicò nel suo libro: PROPAGANDA (1925) che divenne il manuale delle Pubbliche Relazioni, una disciplina praticamente fondata da lui e dal giornalista Walter Lippmann che divenne suo socio.
La propaganda di guerra continuò con il cinematografo e i notiziari filmati proiettati prima di ogni spettacolo, con giornalisti e fotografi che si recavano sul posto per documentare le azioni di guerra e pubblicarle su riviste patinate. La più celebre fu LIFE e l'agenzia Magnum con i suoi leggendari fotoreporter.
Il giocattolo si ruppe con il Vietnam e la televisione. Dopo l'editoriale di Cronkite della CBS durante l'Offensiva del Tet, dove affermava che non era possibile vincere quella guerra in Vietnam, il presidente Lyndon Johnson affermò, "Se ho perso Walter Cronkite, ho perso l'America moderata". Poco dopo il rapporto di Cronkite, Johnson lasciò la corsa alla presidenza statunitense del 1968.
Per il giornale l'informazione è una merce al di là di ogni convenienza politica mentre alla politica servono i mezzi d'informazione per rafforzare il consenso. Ne nasce un connubio tra il desiderio di pubblicare ogni notizia e la convenienza del politico a filtrare solo le notizie che gli tornino utili. In guerra, se da una parte si rinsaldano i rapporti tra questi due poteri (la stampa sarebbe il "Quarto Potere") contro un nemico comune, da parte della politica si sviluppa la tendenza a far passare con vari artifizi le notizie che facciano più comodo. Da qui le conferenze stampa dei generali, i giornalisti embedded, gli accrediti rilasciati solo a coloro che danno garanzie di una certa discrezionalità, eccetera, in contrasto con una crescente domanda d'informazione da parte del pubblico che qualche eroico corrispondente è disposto a dare anche a costo della vita.
L'equilibrio si rompe dopo cento anni di felice connubio, con le immagini televisive che essendo a bassa definizione non solo sembrano non aver bisogno di troppi commenti, ma "scaldano" l'opinione pubblica che crede non solo che quello che vede sia tutto vero senza mediazioni, ma addirittura che ciò che non si vede non esiste.
Se il generale Eisenhover durante la seconda guerra mondiale potè dichiarare:"Sarà l'opinione pubblica a vincere la guerra" sicuro del fatto che lo Stato avrebbe gestito l'opinione pubblica convincendola che era giusto andare in guerra, giusta la mobilitazione generale, l'arruolamento volontario nonchè gli ottimi risultati gestiti da una dosata manipolazione delle notizie, con la televisione che mostrava crude immagini dal fronte e dalle università (dove sparavano sugli studenti, non dimentichiamolo) con dibattiti, prese di posizioni di star di Hollywood, occorrevano strategie di comunicazione diverse.
La guerra del Vietnam non la vinsero i vietnamiti, malgrado i loro sforzi e sacrifici sovrumani, la persero gli U.S.A. perchè avevano maturato QUELLA televisione. Se la Guerra Fredda (secondo il McLuhan una guerra elettronica dell'informazione) aveva messo a punto meccanismi di consenso ormai collaudati occultando le atrocità della guerra in Corea, per esempio, il Vietnam era stato come il giocatore di poker che non credeva più al bluff e puntando tutta la posta aveva detto: "Vedo!"

°

A detta degli esperti, era cominciato tutto con JF Kennedy, ex corrispondente di guerra che usò la televisione er incarnare l'immagine di un'America giovane e progressista. Con lui nacque il news management, una struttura capace di generare fatti avvenimenti che facciano notizia ai quali far partecipare opinionisti, politici personalità eminenti, con lo scopo di alimentare il consenso. Il 25 Gennaio 1961 il discorso di Kennedy in televisione venne seguito dalla sbalorditiva (per quei tempi) cifra di 60 milioni di ascoltatori. Nel 1963 la CBS raddoppiò il tempo dei propri notiziari, nel 1967 quasi tutta la televisione americana era a colori ma le notizie dal Vietnam - una guerra che si trascina dal 1954 senza che gli americano avessero notizie precise se non quelle che l'America era intervenuta in appoggio al Vietnam del Sud per arginare il comunismo - vengono date solo dalla stampa. Francois Sully un fotoreporter coraggiosissimo caduto durante uno dei suoi famosi reportages, scrisse sull'americano Newsweek (1962) che l'impresa americana nel Vietnam era destinata a fallimento ma nessuno ci fece caso fino alla crisi del Tonchino, dove Lindon Johnson, poco esperto della materia, resuscitò lo staff del news management per dichiarare la famosa "escalation": i comunisti hanno attaccato l'America, dobbiamo difenderci! Che da quel momento pose le notizie dal Vietnam nei palinsesti di tutte le reti televisive.
All'inizio i mezzi di comunicazione assecondarono la fabbrica del consenso e da qui nasce l'errore di Westmoreland di lasciare via libera ad ogni richiesta con accrediti rilasciati un po' a tutti. I corrispondenti iniziano ad assecondare la marcia trionfale, con servizi sui buoni boys, gli atti di coraggio, le armi da guerra e la tecnologia avanzata, mentre il nemico si descrive sempre più efferato e crudele, l'ambasciatore americano a Saigon dichiara che i vietcong tagliano la testa ai prigionieri e le espongono su bastoni fuori dai villaggi per terrorizzare la gente.
Orrori non se ne mostrano, nè da una parte ma nemmeno dall'altra, così gli anchormen parlano del coraggio dei nostri ragazzi, dei bambini vietnamiti raccolti in un orfanotrofio di fortuna che vengono intervistati e parlano della loro fame, della famiglia distrutta. La presentazione di un eroe:
"I coraggiosi hanno bisogno di leader. Questo, signori, è un leader di uomini coraggiosi. Si chiama John Bellemor. E' di Charlotteville, Lousiana. È sposato e padre di 4 figli. Sono i migliori soldati del mondo. In effetti, sono i migliori uomini del mondo. Sono ben preparati, ben disciplinati ...
...La loro motivazione è formidabile. Sono venuti qui per vincere"
Per McLuhan il Vietnam è la "prima guerra televisiva". Lo spettatore ha la sensazione di partecipare alla guerra. Partecipa "ad ogni fase della guerra, e le azioni principali vengono ora combattute in ogni casa americana"
All'inizio il Vietnam in televisione segue lo schema dei film western anni cinquanta, con la violenza rappresentata con altri costumi, in un'altra epoca, da uomini integri che usano la violenza e causano morte e distruzione ma con altissimi ideali, quali la libertà, la giustizia, l'onore.
In questo tipo di rappresentazione stereotipata, persino la critica è sospetta: Nel 1965 Un notiziario della catena televisiva ABC riferiva alcuni avvenimenti inerenti pacifisti americani introducendo il servizio con queste parole: "Mentre gli americani combattono e muoiono in Vietnam, vi sono alcuni in questo paese che simpatizzano con i Vietcong..."
I danni alla popolazione civile in televisione diventano "strategia del terrore", se causati dal nemico, fatale errore (danno collaterale), se causati dai nostri ragazzi. ..
Nascono dibattiti sull'efficacia dei massicci bombardamenti vietnamiti in rapporto ai danni causati alla popolazione. Nell'Agosto del 1965 la CBS mostra un attacco di marines nel villaggio di Cam Ne dove bruciano tutto con i lanciafiamme, donne vecchi bambini, case e raccolti:"non c'è dubbio che il fuoco militare americano può ottenere una vittoria qui. Ma ci vorrà ben più di una promessa del presidente per convincerli che noi siamo dalla loro parte" è il commento al filmato a cui fanno seguito centinaie di chiamate di protesta per la sfacciata propaganda comunista a sostegno del nemico...
Nel 1967 si approssimano le elezioni e la strategia è quella di intensificare la comunicazione per instillare uno spirito da vigilia della vittoria. Ma arriva l'offensiva del Tet di cui abbiamo già parlato, e quando i vietnamiti entrano nel recinto dell'ambasciata americana di Saigon, a Cronkite non rimane che dire sbigottito: "Ma che diavolo sta succedendo? Non stavamo vincendo noi?" Dopo di che vola nel cuore del Vietnam e in diretta annuncia che la guerra è un bagno di sangue. Segue la NBC che documenta lo sfacelo: ora gli americani sanno di aver perso la guerra.
Dove avvenne la svolta? Nelle telecamere a spalla. Prima c'erano telecamere sul treppiede, con pesantissimi cavi video che andavano ad una consolle, mentre altri cavi coassiali si inserivano in un mixer video. Decine di telecamere se ne stavano pacifiche di fronte ad una scrivania dove un generale teneva la giornaliera conferenza stampa.Con la telecamera a spalla bastava un aiuto operatore (e a volte nemmeno quello) per trasportare il mixer, e i giornalisti iniziarono ad avventurarsi sul teatro di guerra e a documentare le atrocità.
Westmoreland dichiarò che la guerra era stata vinta sul campo ma persa nei salotti americani, mentre 700 inviati vaganti per tutto lo scacchiere di guerra mostrarono alla nazione che Nixon annunciava il progressivo disimpegno nel conflitto mentre intensificava i bombardamenti. Il colpo di grazia lo diede il New York Times pubblicando le carte segrete del Pentagono che documentarono gli inganni ed i condizionamenti dell'opinione pubblica da parte dei militari. (La Commissione d'Inchiesta del Senato accertò tra le varie responsabilità che sul Vietnam, Laos e Cambogia, gli americani avevano scaricato quattro milioni di tonnellate di bombe pari a centotrenta volte l'atomica su Hiroshima, il doppio di tutte le bombe sganciate nella seconda guerra mondiale....)

°

Prima di continuare con la nostra analisi fermiamoci per analizzare la guerra del Vietnam secondo la visione del McLuhan. Ci troviamo davanti due generali che appartengono a due schieramenti, che potremmo definire in questo modo: visivo quello occidentale, con Westmoreland generale uscito da West Point dove ha studiato le strategie matematiche e visive come quella degli scacchi: un obiettivo, uccidere il Re, con la strategia di avanzare togliendo di mezzo ogni ostacolo, con priorità all'attacco dei pezzi più pregiati. Contro di lui il generale Giap, auditivo, che non ha nessun obiettivo se non quello di indebolire TUTTO il nemico accerchiandolo, secondo i dettami della scuola di guerra di Sun Tzu, teorico del quinto secolo a.C.
Westmoreland è un generale formatosi sulle teorie della seconda guerra mondiale e dello sbarco in Normandia con tutti i suoi sprechi. Convince il presidente Johnson all'escalation, chiede 540.000 uomini, subisce un numero impressionante di perdite tra le sue truppe e avanza con l'obiettivo di distruggere quanto più nemico possibile per assoggettare il territorio.
Giap invece combatte come si fa nel gioco del "Gò" antichissimo gioco aristocratico cinese (mentre lo xiangqi, gli scacchi erano considerati gioco popolano) che ha come obiettivo conquistare spazi sulla scacchiera col minor numero di pedine possibili.
Giap si rende conto che i massicci bombardamenti sul territorio servono per preparare il terreno alle truppe di terra ed è lì che dopo ogni bombardamento fa confluire le sue truppe addestrate alla guerriglia. Giap non vince nessuna battaglia ma le gravi perdite americane e lo spreco di energie aprono squarci irreparabili nell'opinione pubblica americana.
Anche l'offensiva del Tet, il Capodanno vietnamita, è un gioiello di inganno e strategia secondo il maestro Sun Tzu: gli ordini per il generale Giap sono suicidi, occupare Saigon con un attacco frontale, ma egli prepara invece un attacco contemporaneo contro un centinaio di villaggi minori, il giorno del Capodanno dove ha fatto sapere che ci sarà una tregua. Gli americani mandano parte delle truppe in licenza e si preparano a guardare i fuochi artificiali, che arriveranno con l'attacco ad uno dei villaggi, dove confluiranno le truppe americane in soccorso lasciando scoperti gli altri centri dove Giap ha preparato l'offensiva.
Il resto è storia.

°

Con l'avvento dei satelliti per la telecomunicazione si fa largo la CNN di Turner che riesce a fornire immagini e notizie immediatamente dal luogo degli avvenimenti. Succede, per fare qualche esempio, che l'ex presidente Carter, osservatore delle elezioni a Panama, per comprendere cosa stesse accadendo nel Paese, si chiude nel suo albergo e rimane incollato ai notiziari della CNN che registrano violenti scontri nelle strade. Gorbachov va a New York e comunica al mondo il disarmo unilaterale dell' URSS, fino all'uragano di New Orleans quando il sindaco della città in diretta con la CNN continuava ad indicare la sua finestra per dire che là non stava succedendo nulla di grave e la giornalista spazientita gli gridò: "Chiudi quella maledetta finestra, accendi la televisione e sintonizzati su CNN !" capovolgendo di fatto la realtà a cui si riferiva il sindaco (la sua ovviamente) e la potenza dell'informazione contemporanea a cui attingere.
Questo flusso costante di informazione modificò anche il modo di comunicare dei politici, Regan da attore incallito, usò perfettamente il mezzo per inondare il mondo di sue immagini "spontanee" e di avvenimenti costruiti a tavolino.
Iniziò pure quella tendenza della politica ad usare avvenimenti mediatici quali vertici coi vari capi di Stato, conferenze internazionali sul disarmo e ancora oggi conferenze dell'ONU o riunioni periodiche dei presidenti Europei, che usano il mezzo per creare avvenimenti che alla lunga hanno dimostrato solamente di essere una passerella mediatica per i protagonisti.
Come ampiamente teorizzato dal McLuhan nel villaggio globale non conta l'assenza del contenuto ma è il contenitore (l'avvenimento televisivo) che si fa messaggio perchè la televisione non si limita a narrare l'evento ma si fa essa stessa protagonista, creandolo.
Intanto la guerra continua e si intuiscono le prime reazioni dei militari nei confronti dei media. La guerra delle Falklands (1982) è la prima guerra televisivamente invisibile. Partono con la flotta solo una trentina di giornalisti "embedded", tutti inglesi, che registrano gli avvenimenti durante una conferenza stampa giornaliera con i vari comandanti, devono far controllare i loro pezzi dallo Stato Maggiore prima dell'invio, che vengono ricontrollati all'arrivo dal Ministero della Difesa. Di fatto, TUTTI i giornalisti sono diventati un'unica fonte d'informazione che dipende dai vari portavoce dei militari.
Nel 1983 c'è una forte fibrillazione in Medio Oriente, gli israeliani invadono il Libano, c'è la strage di Sabra e Shatila, l'ONU accusa Israele di violare i diritti umani nei confronti dei Palestinesi e questi avvenimenti lasciano senza copertura televisiva l'attacco americano di Grenada. Pure l'invasione di Panama non viene documentata dalla televisione tutta impegnata con la rivoluzione rumena. Il raid sulla Libia invece (1986) entra nella categoria delle nuove guerre tecnologiche, coi satelliti, puntamento elettronico, comandi a distanza bombadamenti rapidi e isolati che non danno nessuna possibilità all'informazione.
Le cose vanno meno bene ai militari americani nell'operazione "Restore Hope" in Somalia, (1992) anche se iniziano con i cameramen sbarcati prima delle truppe per riprendere l'epico sbarco dei marines, le riprese sono così smaccatamente "cinematografiche" da lasciare perplesso il pubblico televisivo che poi si renderà conto della reale situazione con i documentari sulla fame di quei bambini e sull'ultimo attacco alle truppe che causò la ritirata USA.
Anche la rivoluzione rumena del 1989 con l'enfasi delle riprese televisive, i massacri dei soldati di Ceucescu, le fosse comuni, gli scontri violenti dei manifestanti, si rivelarono tutti una solenne montatura e il pubblicò cominciò a smaliziarsi da qui la necessità dei militari di ridurre l'informazione giornalistica fino ad escluderla completamente.

Il 2 agosto 1990 Saddam Hussein invade il Kuwait che con la delegazione statunitense chiede la convocazione del Consiglio di Sicurezza ONU che approva la risoluzione 660 dove si condanna l'invasione, si richiede il ritiro delle truppe dal Kuwait e non ottenendo nessuna risposta da parte di Saddam, stabilisce severe sanzioni economiche contro l'Iraq. Seguono varie vicende tipiche della propaganda pre-bellica. Saddam si protegge con scudi umani, accarezza la testa di un bambino ostaggio, il che fa inorridire i telespettatori di mezzo mondo, dalla parte opposta 34 nazioni aderiscono alla coalizione contro l'Iraq, Tarek Aziz invia un messaggio alla Lega Araba rivendicando la proprietà del petrolio kuwaitiano, Saddam minaccia di colpire i pozzi petroliferi e il prezzo del greggio sbalza a 40$ al barile, finchè il 17 Gennaio 1991 viene dato il via a "Dwaert Storm" la più grande mobilitazione militare del dopoguerra.

Durante la fase di preparazione del consenso alla guerra, Craig Fuller, capo della "Hill & Knowlton" consigliere politico di Bush e capo del suo staff durante la Presidenza Reagan, prepara falsi filmati, false interviste in cui si testimoniava che Saddam Hussein, novello Hitler (definizione vincente) faceva staccare le incubatrici dei figli dei kuwaitiani e altre angherie, riuscì ad ottenere il consenso del Paese. Dopo di che si moblitò per evitare di ottenere il deprecabile "effetto Cronkite" che fece perdere in consenso sulla guerra del Vietnam, e proprio per cancellare le immagini di quella umiliante fuga, due giorni dopo la conquista della capitale, le televisioni filmarono la discesa dagli elicotteri di marines sull'ambasciata di Kuwait City facendo scrivere nella prima pagina del Wall Street Journal: "Vittoria! Esorcizzati i demoni del Vietnam!" e "Siamo la nazione più potente del mondo e questo sarà l'inizio del secolo americano" Che fosse l'inizio del secolo americano è dubbio, che fosse invece l'inizio di un nuovo modo per diffondere l'informazione di guerra, questo è certo.
Intanto tutti i corrispondenti di guerra dovevano firmare alcune condizioni, quali quella di non filmare morti o feriti, di non recarsi in nessun luogo senza permesso e scorta militare, di non dare informazioni logistiche, su equipaggiamenti sulle forze in campo. Proibizione assoluta di descrivere le operazioni militari, la dislocazione delle truppe, di fornire dati sulle perdite, di nominare la base da cui trasmettevano i loro servizi. Il 98% dei giornalisti era americano, gli altri neozelandesi, inglesi e canadesi. Questo svuotamento totale dell'informazione è peggiorata anche dal nuovo modo di fare la guerra, aerea, missilistica, satellitare, con droni e bombe intelligenti. Sembrerebba un'altra guerra oscurata, ma qui sta la novità, i giornalisti vengono inondati giornalmente da un'apparente ricchezza d'informazioni realizzate dal news management dell'esercito: mappe satellitari, proiezioni di obiettivi colpiti da bombe con telecamera (Dove? Come? Quando? Mistero) conferenze stampa di generali in tenuta mimetica, bacchette, diagrammi, schemi, videate, riprese notturne. Con questo materiale, con qualche tenda alle spalle, i corrispondenti danno le notizie. E' tutto.
Conclusa l'offensiva, approfittano dell'intervallo di una partita di baseball molto seguita per mostrare immagini dei soldati irakeni che con le mani alzate si arrendono pacificamente, mentre l'inviato di un giornale di provincia scrive dalla portaerei dove ascoltando i piloti degli aerei descrive una carneficina di soldati irakeni in fuga. Ma è solo una piccola voce di provincia che si confronta con il massiccio bombardamento mediatico dal tono trionfalistico delle televisioni "embedded" pure loro che finalmente possono presentare una guerra con un copione come ai bei tempi del cinematografo di propaganda, con l'Ultimatum dell'ONU, i discorsi allucinati di Saddam, i soldati impazienti di dare una lezione al dittatore, le ore d'attesa nelle tende ordinate, col rancho abbondante, con le visite delle autorità con le canzoni sguaiate, e poi la perfezione dei movimenti delle forze armate, la precisione delle armi intelligenti, gli obiettivi colpiti, il nemico piegato, la resa... tutto senza sangue.
E i generali eroi di guerra, la gente che cena e vede il conflitto alla televisione, anchormen che ne parlano nei loro salotti virtuali, la testimonianza dal vivo dei giornalisti tornati in studio con qualche filmato di colore, qualche visita alle truppe riescono ad unificare in un unico abbraccio un Paese che non vede la guerra ma il suo racconto, che la guerra in queste condizioni non è invisibile, ma solo immaginaria.

C'è da chiedersi a questo punto se si sia trattato di una guerra vera e propria o del miglior spettacolo in prime time messo in onda, ma anche da questa apoteosi di falsa informazione avviene qualcosa che "raffredda" il mezzo. Ancora una volta si tratta della CNN che ormai non ha più un profilo nazionale ma servendo tutto il mondo, sente l'esigenza di servirlo in modo completo, e i mezzi ce li ha. E se è praticamente impossibile seguire dal vivo una guerra rimanendo appostati (embedded) con l'aggressore, invece è possibile trasmettere le telecronache da Bagdad, dal punto cioè dove le bombe arrivano. E il risultato è dirompente. I primi bombardamenti sull'iraq sono tutti mirati a far saltare tutto l'apparato trasmittente iracheno, ma la CNN con una nuova tecnologia (un'antenna portatile che trasmette direttamente via satellite) non solo documenta al mondo che è iniziata la guerra, ma lo fa PRIMA dell'annuncio ufficiale della Casa Bianca.
Inizia una nuova era dell'informazione di guerra, con l'inviato ancora al centro dell'informazione registrando l'attacco amico e col punto di vista del nemico!
Prima c'erano solo giornalisti chiusi in un albergo dall'altra parte del fiume, che mostravano scie luminose, crepitii di armi da fuoco, rumore di esplosioni e solite letture di bollettini forniti dai militari sul movimento delle truppe.
Adesso che tutti sono stati espulsi dall'Iraq, l'unico rimasto Peter Arnett della CNN va ad intervistare Saddam Hussein, scova una fabbrica di latte in polvere combardata, un ospedale, un villaggio, mostrando che le bombe intelligenti tanto intelligenti non sono e che le "operazioni chirurgiche" altro non sono che violenti bombardamenti a tappeto..

Occorre una riflessione. Ci troviamo a questo punto con la consapevolezza che le riprese della CNN sono censurate da Saddam (la scritta in sovra impressione è chiara) mentre quelle americane sono pilotate dal Pentagono. Ci sono riprese fasulle da parte dell'una e dall'altra parte che verranno smentite da esperti ma a guerra finita. Allora cosa fare? Come reagire?
In una sua conferenza sulla comunicazione Emanuele Severino diede una spiegazione plausibile. Disse che la grande massa d'informazione che arriva al pubblico lo mette in condizione di non potersi più affidare ad una fonte che lui ritiene portatrice incontestabile della Verità il cui concetto lui colloca nella mente in una sorta di campo tra il percepito e il non realizzato, insieme al concetto di Libertà, Pace... Sottraendo tutto ciò che per il soggetto è impossibile, e togliendo il poco probabile, rimane nella mente una sorta di campo dove tutto è probabilmente plausibile, salvo smentita. E' l'unica maniera – dice il McLuhan – con cui la nostra mente si difende dalla narcosi dovuta al bombardamento su di un solo organo di percezione.

Se i generali sono preparatissimi di fronte all'ultima guerra combattuta, un po' meno di fronte alla prossima, lo stesso si potrebbe dire di Peter Arnett, il giornalista che annunciò al mondo la guerra del Golfo prima della Casa Bianca, quello che intervistò Osama Bin Laden e Saddam Hussein, l'uomo che vinse un Pulitzer per le sue cronache dal Vietnam, che venne licenziato dalla CNN dopo un documentario dove mostrava l'uso di gas nervino da parte degli americani, ora con la NBC, forte della sua popolarità sfida l'estabilishment americano e concede un'intervista alla TV irachena in cui afferma:
«Gli americani stanno riscrivendo il piano di guerra, perché il primo è fallito a causa della resistenza irachena. Le nostre trasmissioni da qui, con le vittime civili, stanno avendo un impatto negli Stati Uniti, dando argomenti agli oppositori della guerra. Cresce l'opposizione a Bush, e a come sta conducendo questo conflitto».
Licenziato.Era il 31 Marzo 2003.
«Ho detto essenzialmente quel che noi tutti sappiamo sulla guerra» si giustificò.Ma lo sdegno americano non si manifestò per il contenuto del discorso ma sull'aver concesso un'intervista al "nemico".
«Sono dichiarazioni che denotano una totale ignoranza», dichiarò la Casa Bianca. «Meriterebbe l'accusa di altro tradimento», aggiunse il senatore repubblicano Jim Bunning. E addio a Peter Arnett che non si era reso conto che con la guerra del Kosovo i rapporti tra la guerra e la comunicazione erano completamente cambiati. Intanto perchè negli USA erano state affinate le tecniche di PSYOP, cioè "operazioni psicologiche" per pianificare e convogliare informazioni preventive sui pericoli del "nemico" nei confronti dell'intera umanità e sull'utilità di un prossimo conflitto, influenzando le emozioni, le motivazioni, i processi raziocinanti di critica e l'atteggiamento dell'opinione pubblica nei confronti dei governi, organizzazioni, gruppi da cui dipendono.
Opportunamente applicate, non solo possono ridurre il morale delle forze avverse ma possono creare pure dissidenza tra la popolazione. Sul fronte interno, riescono a rafforzare il potere usando quattro tecniche: strategica, operativa, tattica e di consolidamento del potere militare e politico nei Paesi occupati. Anni dopo il conflitto, siamo venuti a conoscenza via Web, a cura del Coordinamento per la Jugoslavia [http://marx2001.org/crj ] sulla base di materiale fornito dalla Transnational Foundation for Peace and Future Research (TFF) - http://www.transnational.org di un documento della National Security Decision Directive (NSDD) N. 133 dal titolo: "La politica degli Stati Uniti in Jugoslavia", catalogata come "confidenziale" resa pubblica nel 1990 che confermava in larga parte la NSDD 54 del 1982, il cui obiettivo includeva "estesi sforzi per promuovere una 'rivoluzione pacifica' volta a rovesciare i regimi e i partiti comunisti, al fine di integrare i paesi dell'Europa dell'Est nell'economia di mercato".

1)
Il 5 Novembre 1990, un anno prima della disintegrazione "etnica" della Repubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia, il Congresso americano aveva approvato il "Foreign Operations Appropriations Law" 101-513 per il 1991, che imponeva alla Jugoslavia la restituzione immediata di tutti i prestiti, prospettando una redistribuzione separata dei crediti ad ogni repubblica federata a condizione di "libere elezioni" separate e in misura dei risultati elettorali repubblica per repubb lica (ossia, privilegiando i partiti e le coalizioni di governo secessioniste e filooccidentali)? Fu questo l'inizio della fine: il provvedimento impose alla RFSJ una destabilizzazione tanto radicale da "preoccupare" la stessa CIA, che in un rapporto di poco posteriore mise in guardia il Congresso contro una possibile guerra civile nei Balcani ("New York Times", 28\XI\1990).

2)
Con la guerra del Kosovo per la prima volta non vi furono differenze tra bersagli militari e civili, smentendo persino il codice di guerra fascista del 1941 dove i giornalisti erano dichiarati neutrali. Dove non osavano le potenze dell'Asse osarono le democrazie occidentali!
E alla distruzione di depositi di carburanti, centrali elettriche, piste aeroportuali, ponti e quant'altro possa indebolire il nemico, la NATO aggiunse il bombardamente della stazione televisiva di Belgrado con giornalisti e personale operante uccisi mentre stavano trasmettendo. Alle proteste del governo Serbo, fecero seguito le giustificazioni dei militari americani che asserirono che con i tempi correnti le televisioni vanno considerate armi belliche.

Solo anni dopo il conflitto, a causa di morti per leucemia da parte di soldati italiani impiegati per la bonifica di alcuni territori, si scoperse che i bombardamenti erano avvenuti con proiettili a base di uranio impoverito. Quali danni alla popolazioe e all'ambiente non si è mai saputo. (Lo stesso successe per la guerra del Golfo. Vi furono anche morti e invalidità permanenti tra i soldati americani probabilmente dovute a vaccinazioni sperimentali e una misteriosa serie impressionanti di morti per radiazioni probabilmente dovute all'esplosione di una bomba nucleare a basso potenziale).

3)
Dopo che l'Albania dichiarò la sua disponibilità ad accogliere basi logistiche NATO sul suo territorio, al confine albanese cominciarono a rafforzarsi le truppe jugoslave. Le notizie vennero invertite così che al pubblico sembrò che le truppe NATO si fossero collocate in albania A CAUSA dell'infoltirsi delle truppe nemiche.

4)
Tutti i commentatori occidentali forniscono "notizie dal campo" tutte le notizie dalla parte avversa sono "non confermate" tra le quali ci mettono di tutto, dalle bugie, alle paure della gente, alle false atrocità... Ogni tanto dispacci di agenzia sconfessano le notizie non confermate, ma è troppo tardi, dove c'era il fumo -pensa la gente – ci dev'essere un po' di arrosto. Un esempio: il 27 Aprile 1999 il Ministro della Difesa tedesco Rudolph Sharping mostra al mondo le foto di un massacro, come prova dell'ennesima mattanza serba contro civili e aggiungendo particolari agghiaccianti su come le vittime sarebbero state uccise. Verrà sconfessato, poichè le foto risultarono essere le stesse diffuse dall'esercito Jugoslavo tre mesi prima, come documentazione (confermata) di un'operazione antiguerriglia avvenuta il 29 Gennaio 1999 nel paesino di Rogovo. Armi e divise UCK erano sparite dai "ritagli" di Scharping, e la stampa darà ben poca eco alle smentite.

5)
Le conferenze stampa si svolgevano di solito in questo modo: uno speaker dirigeva lo show, selezionava le domande, dava le risposte preconfezionate e nessuno viene mai colto di sorpresa, c'è sempre una risposta eloquente per tutto, dopo di ché lo speaker tronca: "il prossimo"! Dal 24 marzo in poi, nel corso delle conferenze stampa ufficiali, i rappresentanti della stampa libera non hanno mai fatto domande approfondite sul trattato di Rambouillet, non hanno mai messo in dubbio la legalità dell'azione NATO, non hanno mai chiesto conto delle sue vere motivazioni o dei suoi effetti destabilizzanti. Quando vengono mostrate loro foto o riprese video di "fosse comuni" (riprese da grande altezza, con le sepolture accuratamente allineate in fila una per una, proprio c ome nei cimiteri normali!) o di bersagli bombardati, di cui viene detto loro: "Questo è un deposito di munizioni, questa è una base militare, etc.", nessuno di loro chiede mai: "Come facciamo a essere sicuri che lo è davvero? Dalle immagini non risulta ch e obiettivi sono..."
(Tutte dichiarazioni raccolte dal Centro Italiano per la Jugoslavia)

La notte ra il 19 e il 20 Marzo 2003, allo scadere dell'ultimatum con cui George Bush intimava a Saddam Hussein di lasciare l'Iraq per scongiurare "una guerra altrimenti inevitabile" i telespettatori di tutto il mondo assistettero in diretta ai primi bombardamenti su Bagdad con giornalisti che facevano le loro eccitate telecronache ammassati con le telecamere sulle terrazze degli alberghi al di là del fiume. C'è da dire che già da tempo il presidente Bush Jr. Aveva messo in atto una strategia mediatica per convincere gli alleati ONU a partecipare all'aggressione mascherandola come estrema difesa contro armi di distruzioni di massa (che commissioni specializzate avevano già definito inesistenti) movimenti di truppe e carri armati (che i satelliti russi avevano smentito). Storico l'intervento di Colin Powell presso l'ONU dove mostrava una fialetta con una polverina bianca che definiva antrace, e grafici che illustravano inesistenti depositi d'uranio, di arricchimento, con mezzi che trasportavano materiale fissile. Malgrado lo spiegamento dei mezzi di persuasione però si produsse una spaccatura all'interno stesso del Consiglio di Sicurezza e solo una massiccia campagna di pressioni fece scendere in campo l'Inghilterra (schierata dal primo momento con gli USA), la Spagna (che si ritirerà quasi subito) l'Italia e altri stati che ambivano ad entrare nell'Unione Europea e percorsero la strada dello scambio. In tre settimane l'esercito ben equipaggiato annullò le stremate forze irachene ed entrò in Bagdad. La propaganda aveva detto che il popolo iracheno avrebbe accolto a braccia aperte gli invasori lieti della fine di un regime repressivo, e invece solo qualche ragazzino e qualche curioso. Qui avvengono due episodi televisivi che dovrebbero far riflettere: prima di abbattere la grande statua di Saddam gli americani gli coprono la faccia con una bandiera a stelle e strisce e questo raggela il mondo, ma solo per pochi minuti, la bandiera verrà sostituita con una irachena e le immagini spariranno per sempre. Il secondo episodio avviene dopo qualche giorno dall'invasione. Le televisioni danno l'annuncio di un aereo americano abbattuto dalle forze irachene e di due piloti che risultano dispersi lungo il fiume. Gli iracheni si armano con quel poco che è rimasto e corrono in massa sulle rive del fiume e sparano in acqua , tutti, ad ogni ondeggiare dell'acqua, alla faccia del popolo che avrebbe accolto a braccia aperte gli americani. Da ricordare invece la gag tragicomica del ministro dell'informazione di Saddam Hussein, MohamedAl Sahaf che in diretta alle televisioni occidentali dichiarava che Bagdad non era caduta mentre andava in onda il rumore dei cingolati che passavano alle sue spalle.

Anche questa più che una guerra combattuta è una guerra raccontata dagli alberghi e dai giornalisti embedded. Non si vedono i carri armati- carterpillar che seppelliscono vivi centinaia di soldati iracheni che si sono illusi di fermare i mezzi corazzati scavando trincee. Non si vedono i tiri al bersaglio sui vecchi carri armati iracheni non idonei a quella guerra, non si vedono le stragi di soldati e civili con bombe guidate da una tonnellata (e dal costo di un milione di dollari) l'una, non si vedono viveri di supporto alla popolazione alla fame lanciati dagli aerei con le stesse confezioni gialle delle bombe cluster con le mine antiuomo, non si vedono le stragi di bambini vittime di quelle mine.
Il 1 Maggio si vede solo il presidente Bush che con grave sprezzo del ridicolo (lui forse riformato, forse imboscato al servizio militare) scendere sulla portaerei vestito da pilota e dichiarare finita la guerra. Che finita non è, ma ci ha lasciato le immagini stereotipate della guerra degli americani così come le avevamo viste dei film in bianco e nero. L'avanzata degli eroici marines, gli accampamenti ordinati, il vento del deserto, la cattura di Saddam in una buca, tutto sfatto e con la barba incolta, i video con le bombe intelligenti, i breefing dei colonnelli, le visite di Bush che mangia alla mensa dei soldati, ma la prima volta che saltano fuori le immagini delle bare dei soldati americani morti, riprese dai telefonini, è uno scandalo che torce le budella del paese. E lo stesso con le immagini delle torture ai prigionieri. Sempre coi telefonini, il nuovo mezzo rapido d'informazione: le foto sono digitali ed è facile trasformarli in un codice adatto al Web e da qui alle televisioni ed ai giornali, invertendo per la prima volta il flusso delle notizie che non sono più unidirezionali.
I militari comunque hanno capito che la comunicazione serve a fare la guerra che la vince chi la racconta meglio.



Roberto DI NUNZIO, consulente per le strategie della comunicazione e delle relazioni internazionali, docente di Analisi dei media e di Tecniche sociali dell’Informazione presso la Link Campus University of Malta di Romanel suo: "‘Cyberwar - la guerra dell’Informazione’, Le nuove guerre" rileva: «...come la potenza di un esercito non sia più determinata solamente dalla capacità di mobilitazione, dalle risorse economiche, tecnologiche e industriali o dalla capacità e precisione di fuoco, ma anche dalla capacità di controllare la percezione dell’informazione e la rappresentazione degli eventi. Per dare senso all’azione diventa indispensabile, all’interno e all’esterno di un conflitto, rappresentarla, ricostruirla con una copertura mediale globale che influenzi tutti i possibili attori o recettori» e gli americani, con la seconda guerra del golfo avevano affinato tutte le tecniche necessarie, purtroppo con un clamoroso punto debole: il presidente Bush che sbagliò clamorosamente tutta la comunicazione perchè resosi conto di non aver l'appoggio mondiale come suo padre, reagì con l'arroganza della potenza egemone, parlando solo agli americani, dimenticando gli alleati al di là dell'oceano che peraltro erano anche i più vicini all'Islam e alle sue probematiche avendo per secoli negoziato, mediato, e fatto affari con esso. I risultati furono non solo all'interno del Consiglio di Sicurezza ma in tutto il mondo prese piede e si organizzò uno dei più potenti movimenti pacifisti di tutti i tempi che grazie alla televisione satellitare riuscì adorganizzare una manifestazione di piazza globale, con i telegiornali di tutto il mondo che per ventiquattro ore mandarono in onda le immagini della gente che acendeva in piazza a manifestare con la scansione del fuso orario. Una nota di colore fu che tutte le manifestazioni di piazza del mondo quel giorno furono baciate da una radiosa giornata di sole. Non piovve in nessuna località mandata in onda, dando la sensazione di una manifestazione, gioiosa, solare serena come una passeggiata all'aria aperte.
Ma nel breve periodo questo movimento pacifista globale non servì a molto,
contro una retorica manichea che fece leva sugli americani con concetti biblici come il Male, rappresentato dal nemico da combattere con le forze del Bene, cioè americane, la guerra venne chiamata con enfasi biblica prima di prendere un nome definitivo senza echi apocalittici e religiosi. Bush si mostrò convinto che l'America fosse l'unica speranza rimasta per liberare il mondo dal Male e lui, che ogni mattina ascoltava Dio che gli parlava, era convinto di essere il giusto mandante per questo immane compito. Verrebbe da dire: Got mit Uns, per l'autoelevazione dell'america al ruolo di "Guardiano della democrazia in questo mondo".

«Bush ritiene che il nostro paese stia diventando sempre più dissoluto, e che l’unica soluzione possibile – parole terribili, possenti e quasi sacre – sia quella di lottare per il predominio del pianeta. Dietro alla frenesia di dichiarare guerra all’Iraq si nasconde il desiderio di instaurare una robusta presenza militare nel Medio Oriente, che possa servire da trampolino di lancio per impadronirsi del mondo intero» (Norman Mailer, Perchè contesto il presidente ).
Malgrado il fiume di parole e di menzogne, il mondo ebbe l' impressione che si fosse scatenata una guerra in attesa di trovarne le ragioni.
«nessuno, dai tempi di Lyndon Johnson in Vietnam, aveva sperperato tanto, in vite umane, danaro pubblico, retorica e prestigio dell'America, per ottenere così poco» (Vittorio Zucconi, La Repubblica 2004)

Eppure, secondo gli americani, la guerra la stavano vincendo e Bush aspettava solamente i risultati sul campo per riguadagnare percentuali dignitose di consenso, ma invece arrivarono ancora una volta i telefonini e il Web mandò in giro per il mondo le immagini dei soldati americani che torturavano e deridevano i prigionieri di guerra ad Abu Ghraib. L'esercito americano che aveva la presunzione ideologica di guidare il mondo per riportare la democrazia in quelle terre, fu sorpreso con le mani nella marmellata e il poco "rivestimento morale" che teneva insieme quella che il mondo sapeva essere un'occupazione armata per insediarsi sul territorio e sfruttare i giacimenti, andò a farsi benedire. Un po' come se una pattuglia della polizia avesse puntato il suo faro su un uomo in clergyman che stava rapinando il benzinaio.

°

ROBERT FISK del Los Angeles Times in un suo recente articolo scriveva:
Mi sono accorto a quale enorme pressione sono sottoposti i giornalisti americani nel medio Oriente quando sono andato a salutare un collega del Boston Globe. Egli era ben contento di andarsene perché - ed era uno dei motivi principali - nei suoi articoli non doveva più forzare la verità per compiacere i lettori più esigenti del suo giornale.
Per esempio quando ho definito il Likud un “partito di destra, subito l’editore mi ha chiesto di non usare più quell’espressione, perché molti lettori avevano protestato. E allora? Bastava non chiamarlo più ‘partito di destra.’' … Così imparai che questi ‘lettori’ erano considerati dalla redazione del giornale amici di Israele, però mi risultava anche che il Likud, con Benjamin Netanyau, era proprio un ‘partito di destra’ come lo è sempre stato.
Non è il solo “aggiustamento semantico” del conflitto (guai a pronunciare la parola guerra) tra Israeliani e Palestinesi. Gli insediamenti illegali di ebrei, e solo di ebrei, nel territorio arabo erano chiaramente delle “colonie” e così sono sempre stati chiamati finchè I quotidiani hanno cominciato ad usare la parola “insediamenti” rispolverata al hoc, perchè prima era considerata sconveniente, tanto che al suo posto veniva usata la parola “periferia ebrea” o, in alcuni casi, ‘avamposti’. Così come quelli che nelle primissime cronache venivano definiti come “territori occupati” ora erano diventati “territori palestinesi contesi” così come scrivevano le ambasciate americane in Medio Oriente, su istruzione di Colin Powell.
Il “muro”, è l'imponente costruzione di cemento il cui scopo, secondo le autorità di Israele, è quello di impedire agli attentatori suicidi palestinesi di mietere vittime innocenti fra la popolazione civile israeliana. Il suo tracciato però non segue i confini di Israele nel 1967 ma penetra profondamente nei territori arabi. E' un muro, e lo si può vedere nelle farie foto che girano sul Web. Ma I giornalisti americani ed israeliana lo chiamano “fence” steccato, recinto di sicurezza, barriera di sicurezza. Anche se la barriera di cemento armato ò più alto del muro di Berlino...


Scrive Robert Fisk;
L’effetto semantico di questa operazione di depistaggio giornalistico è chiaro. Se il territorio palestinese non è più terra occupata ma oggetto solo di una disputa legale che può essere risolta nelle aule di un tribunale o in una discussione all’ora del tè, allora un ragazzo palestinese che lancia sassi contro i soldati israeliani in questi territori è uno che, chiaramente, non si sta comportando in modo corretto. Se una colonia ebrea costruita illegalmente in territorio arabo viene definita amichevolmente ‘periferia’, allora i palestinesi che osano attaccarla stanno compiendo un atto terroristico senza senso. ...
E naturalmente non c’è motivo di protestare contro uno ‘steccato’ o ‘una barriera di sicurezza’, dal momento che si tratta di parole che evocano lo steccato di un giardino oppure l’entrata di un complesso residenziale privato recintato. Così se i palestinesi protestano violentemente contro questi manufatti allora vengono automaticamente considerati delle persone generalmente malsane. E così, semplicemente con l’uso della nostra lingua, li condanniamo.
Queste sono regole non scritte che vengono seguite in tutta la regione. I giornalisti americani hanno usato spesso le stesse definizioni dei funzionari USA nei primi giorni di guerra in Irak, definendo coloro che attaccavano gli americani ‘ribelli’, ‘terroristi’ o ‘ultimi seguaci’ dell’ex regime. I giornalisti americani hanno adottato obbedientemente, e grottescamente, pari pari il linguaggio del secondo pro-console USA in Irak, Paul Bremer III.
La televisione americana, intanto, continua a presentare la guerra come una contesa senza spargimento di sangue in cui gli orrori del conflitto, corpi mutilati dai bombardamenti aerei, cadaveri strascinati nel deserto dai cani selvatici, non vengono minimamente rappresentati in TV. Gli editori di New York e Londra si preoccupano che la sensibilità dei telespettatori non venga ferita, che venga loro risparmiata la ‘pornografia’ della morte (ciò che è esattamente la guerra) e che i morti, che noi abbiamo appena ucciso, non vengano ‘disonorati’, facendoli vedere. Il modo schizzinoso con cui vengono trattati gli atti di guerra la rendono più facile da sopportare e i giornalisti da lungo tempo sono ormai diventati i complici del governo nel far accettare dai telespettatori la morte e il conflitto. I giornalisti televisivi sono così diventati una arma letale in più della guerra.
.
La BBC
ha inviato un comunicato in cui invita i suoi giornalisti a non esprimere giudizi o commenti sui fatti che accadono nel mondo. Questo, spiega Richard Sambrok direttore dell'emittente televisiva britannica, per salvaguardare la reputazione di servizio pubblico d'informazione imparziale.
Piu' volte il primo ministro Blair ha contestato servizi della Bbc perche' raccontavano troppo la verita'.
.